La bozza del decreto sul reclutamento dei docenti presentata dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi è deficitaria su due punti fondamentali: abilitazione e stabilizzazione. Sull’abilitazione ecco uno stralcio della relazione sulle criticità della proposta, appena consegnata al ministro. I prossimi giorni pubblicherò anche la parte relativa alla stabilizzazione.
«Viene riproposto in toto il vecchio problema del d. lgs 59: come si abilitano i docenti che insegnano nelle scuole paritarie? Come si abilitano le migliaia di docenti che necessariamente coprono le supplenze per l’assenza dei titolari, anche per molti mesi, come nel caso delle gravidanze difficili o dei mandati politici e parlamentari o dei distacchi all’estero o delle assegnazioni provvisorie in altro comune o del distacco presso organi del Ministero o di altre Amministrazioni dello Stato? Come si abilitano coloro che da anni prestano servizio nelle scuole statali con contratti a tempo determinato? Come si abilitano i cosiddetti “ingabbiati”, docenti di ruolo che hanno titolo di studio valido per aspirare ad altro insegnamento utilizzando lo strumento contrattuale del passaggio di cattedra o di ruolo? Praticamente la legge è monca e inappropriata a risolvere i più annosi problemi di gestione del personale. Mentre è assolutamente urgente un atto normativo sui percorsi formativi abilitanti all’insegnamento e per l’accesso ai corsi di specializzazione sul sostegno, almeno per cinque ragioni:
1) Non ha controindicazioni. È cioè in linea con la normativa europea e non interferisce con i provvedimenti in vigore;
2) Interessa più di mezzo milione di persone prevedendo la riattivazione dei percorsi formativi abilitanti collaudati nel 2013, rendendoli strutturali, e l’accesso diretto ai corsi di specializzazione sul sostegno per chi ha tre anni di esperienza specifica sul campo (attualmente oltre un docente di sostegno su tre non è specializzato);
3) Il superamento del percorso formativo abilitante, consentirà anche a migliaia di precari STEM di spostarsi in prima fascia, rendendo superflue tornate concorsuali aggiuntive;
4) Risolve il problema della carenza di personale docente abilitato nelle paritarie;
5) Non comporta spesa per lo Stato. Anzi, fa risparmiare il costo di eventuali concorsi per l’abilitazione (peraltro non in linea con la normativa europea che invece chiede corsi “formativi”) e in generale alleggerirebbe i concorsi per i docenti della secondaria, visto che a renderli quasi ingestibili è l’abnorme numero di iscritti, che si ridurrebbe significativamente con l’intervento delle università cui per legge vanno affidati i corsi accademici per l’abilitazione all’insegnamento, unico vero obiettivo di molti».