Il Decreto 36/2022 convertito nella Legge 79 del 29 giugno 2022 (Misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ha determinato anche il riordino della disciplina sui ricercatori universitari.
Prima della riforma in oggetto, in base alla Legge 240/2010 (c.d. Legge Gelmini), esistevano due categorie di ricercatori e di contratti:
- La prima (tipo A) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte.
- La seconda (tipo B) consiste in contratti triennali, rinnovabili e suscettibili di essere convertiti in posizioni di professore di seconda fascia, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di tipo A, o che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale (ASN), o che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, o che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere, oppure che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’ art. 1, comma 14, della L. 230/2005.
La nuova disciplina sostituisce le due figure di ricercatore a tempo determinato di tipo A e di tipo B con un’unica figura ricercatore universitario a tempo determinato, titolare di un contratto di durata complessiva di sei anni, non rinnovabile.
INCOMPATIBILITÀ
Il conferimento del contratto è incompatibile con qualsiasi altro rapporto di lavoro subordinato presso soggetti pubblici o privati, con la titolarità di contratti di ricerca anche presso altre università o enti pubblici di ricerca, con le borse di dottorato e in generale con qualsiasi borsa di studio a qualunque titolo conferita da istituzioni nazionali o straniere, salvo il caso in cui questa sia finalizzata alla mobilità internazionale per motivi di ricerca.
Si osserva altresì che il regime di incompatibilità introdotto per i ricercatori a tempo determinato risulta, per certi aspetti, più restrittivo di quello previsto per i professori di ruolo e per i ricercatori a tempo indeterminato che abbiano optato per il regime a tempo definito, ai quali la legge n. 240 consente di svolgere “attività libero-professionali e di lavoro autonomo anche continuative, purché non determinino situazioni di conflitto di interesse rispetto all’ateneo di appartenenza” nonché, “anche con rapporto di lavoro subordinato, attività didattica e di ricerca presso università o enti di
ricerca esteri, previa autorizzazione del rettore che valuta la compatibilità con l’adempimento degli obblighi istituzionali” (art. 6, comma 12, della legge n. 240 del 2010).
ASPETTATIVA
Con riguardo al regime di incompatibilità introdotto dalla disposizione in esame, si evidenzia che il comma 9-bis della Legge 240/2010 (che non è stato intaccato dalla riforma), stabilisce per i ricercatori a tempo determinato, qualora siano dipendenti di amministrazioni pubbliche, il collocamento in aspettativa ovvero in posizione fuori ruolo, senza assegni né contribuzioni previdenziali, per il periodo di durata dei contratti.
Il mantenimento di siffatta disposizione implicitamente consente il conferimento del contratto di ricercatore a dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
Per tutto il periodo di durata dei contratti di cui al presente articolo, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati, senza assegni né contribuzioni previdenziali, in aspettativa ovvero in posizione di fuori ruolo nei casi in cui tale posizione sia prevista dagli ordinamenti di appartenenza”.
Per tutto il periodo di durata dei contratti, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono di diritto collocati, senza assegni né contribuzioni previdenziali, in aspettativa o posizione fuori ruolo. L’aspettativa è utile ai fini della carriera.
A tal fine occorre presentare richiesta al Dirigente Scolastico della scuola di servizio indicando i riferimenti normativi (art. 24 comma 9-bis della Legge 240/2010).