Con il termine “Congedo parentale” (ex astensione facoltativa dal lavoro) si intende il periodo di riposo legato alla nascita del figlio e previsto sia per la madre che per il padre.
L’art. 32 del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (D. Lgs 151/2001 recentemente modificato dal D. Lgs 80/2015), prevede che per ogni bambino nei primi 12 anni di vita del bambino (o 12 anni dall’inserimento nel nucleo familiare nel caso di figli adottati o affidati purché il figlio non abbia raggiunto la maggiore età) ciascun genitore ha il diritto di assentarsi dal lavoro.
A chi spetta e per quanto tempo
- Alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi.
- Al padre lavoratore, dalla nascita del figlio (anche contestualmente al congedo di maternità della madre) per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 nel caso di cui il padre fruisca di almeno 3 mesi di congedo.
- Qualora vi sia un solo genitore (a seguito di morte di un genitore, abbandono del figlio da parte di uno dei genitori, affidamento del figlio ad uno solo dei genitori risultante da un provvedimento formale), per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi.
- Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto (es. nel caso di madre casalinga o di padre disoccupato).
I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di 10 mesi. Qualora però il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a 11 mesi (es. padre 5 mesi e madre 6 mesi).
Il congedo per malattia dei figli è in genere un diritto che spetta a tutti i dipendenti pubblici, compresi i dipendenti del comparto scuola che può essere fruito anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.
Ai sensi dell’art. 47 comma 1 del d.lgs 151/2001:
Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni”.
Pertanto, fino all’età di 3 anni, entrambi i genitori hanno diritto ad usufruire del congedo per la malattia del figlio senza alcun limite di tempo, purché i due genitori si assentano alternativamente e fermo restando che, per i dipendenti pubblici solamente i primi 30 giorni (per ciascun anno) saranno retribuiti al 100%.
Per un approfondimento sul congedo parentale si veda qui.
CONGEDO PER MALATTIA DAI 3 AGLI 8 ANNI
Cosa diversa dal congedo parentale è il congedo per la malattia dei figli. L’art 47 comma 2 prevede altresì che:
Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all’anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni“.
Per i figli di età superiore ai 3 anni e di età inferiore ai 8 anni, invece, i genitori hanno diritto ad assentarsi (sempre alternativamente) nei limiti dei 5 giorni lavorativi all’anno, per ciascun genitore. I 5 giorni di permesso non sono cedibili all’altro genitore. La norma prevede espressamente che deve trattarsi di giorni “lavorativi” ragione per cui vanno comunque esclusi eventuali giorni festivi o di sospensione delle lezioni eventualmente compresi fra i periodi di congedo.
È bene precisare che il Jobs Act ha elevato a 12 anni l’età per beneficiare del congedo parentale, ma il limite per l’assenza per malattia è rimasto sempre di 8 anni.
Tali cinque giorni non sono retribuiti ma sono ugualmente utili ai fini dell’anzianità di servizio. Infatti, ai sensi dell’art. 48 del d.lgs 151/2001 i periodi di congedo per malattia del figlio non retribuiti (quindi quelli ulteriori rispetto ai primi 30 giorni e quelli usufruiti dopo il compimento del terzo anno di età) sono computati nell’anzianità di servizio ma sono esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità, alle festività soppresse e al periodo di prova. Ciò significa che il periodo di congedo per malattia del figlio non consente di maturare ferie, tredicesima e festività soppresse. Non è inoltre utile ai fini del raggiungimento del requisito di servizio previsto per il superamento dell’anno di prova (180 giorni di servizio di cui almeno 120 di attività didattiche).
SOSPENSIONE DEL CONGEDO PARENTALE PER L’INSORGERE DELLA MALATTINA DEL BAMBINO
In merito alla possibilità che la malattia del bambino sospenda la fruizione del congedo parentale, si è espresso il Ministero del lavoro con la nota 25/I/0003004 del 28 agosto 2006.
Nella nota si afferma che i due istituti sono profondamente diversi sia sotto il profilo dei presupposti legittimanti, sia sotto quello della disciplina.
Come osserva l’ARAN, le norme citate non pongono alcun divieto di cumulo dei due istituti, intendendosi tuttavia per cumulo la possibilità di fruire, non contemporaneamente, sia del congedo parentale sia del congedo per malattia del figlio. Ciò appare peraltro confermato dall’espressa previsione di cui all’art. 22, comma 6, del T.U. n. 151/2001, secondo cui “le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità” e ciò anche sotto il profilo del trattamento economico (art. 34, comma 6, T.U. n. 151/2001).
Appare dunque possibile sospendere la fruizione del congedo parentale, su domanda dell’interessato, in caso di insorgenza della malattia del bambino; ciò che dunque rileva, al fine della possibilità di fruire dell’uno o dell’altro istituto è la sussistenza dei requisiti di legge.
Tale orientamento sembra trovare una ulteriore conferma nel parere reso dall’INPS con riferimento all’analoga ipotesi di insorgenza della malattia del genitore durante il congedo parentale. La circolare dell’Istituto n. 8 del 17 gennaio 2003 prevede infatti la sospensione del congedo, a domanda dell’interessato, a fronte della sopravvenuta malattia del genitore, mutando così il titolo dell’assenza dal lavoro.