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sabato, Gennaio 18, 2025
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Errori nelle graduatorie d’istituto: rimedi e conseguenze

Nella formazione delle graduatorie di istituto, si possono riscontrare differenti tipologie di errori. L’errore può essere ricondotto a due fattispecie:

  • Errore dell’Amministrazione (si pensi a una erronea valutazione dei titoli o un errore materiale commesso dalla segreteria).
  • Errore dell’aspirante (si pensi alla presentazione di dichiarazioni non veritiere o errate oppure dolosamente false).

GRADUATORIE PROVVISORIE E PRESENTAZIONE DEL RECLAMO
Ai sensi dell’art. 10 del DM 374/2017 i dirigenti scolastici pubblicano, in via provvisoria, le graduatorie di circolo e di istituto di seconda e di terza fascia e avverso tali graduatorie provvisorie di seconda e terza fascia è ammesso reclamo – secondo le disposizioni e nei termini di cui all’articolo 5, comma 9, del Regolamento supplenze del 2007.

Avverso le graduatorie di circolo e di istituto è ammesso reclamo alla scuola che ha provveduto alla valutazione della domanda entro il termine di 10 giorni dalla data di pubblicazione della graduatoria all’albo della scuola e la scuola deve pronunciarsi sul reclamo stesso nel termine di 15 giorni, decorso il quale la graduatoria diviene definitiva. La graduatoria diviene. altresì, definitiva a seguito della decisione sul reclamo”.

Pertanto, avverso gli errori presenti nelle graduatorie provvisorie, i candidati possono presentare reclamo alla scuola polo entro il termine di 10 giorni decorrente dalla data di pubblicazione della graduatoria e la scuola dovrà pronunciarsi sul reclamo entro il termine di 15 giorni, decorso il quale la graduatoria diviene definitiva.


GRADUATORIE DEFINITIVE E RICORSO AL GIUDICE DEL LAVORO
Scaduti i termini per la presentazione e la decisione sui reclami, le graduatorie assumono carattere definitivo e avverso le graduatorie medesime è esperibile impugnativa innanzi al giudice ordinario, in funzione di giudice di lavoro, ai sensi e per gli effetti dell’art.63 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n.165.

Anche avverso la decisione del dirigente scolastico in merito al reclamo è previsto ricorso al giudice ordinario ai sensi dell’art.63 e seguenti del decreto legislativo 30.3.2001, n.165, eventualmente previo esperimento delle procedure di conciliazione e arbitrato previste dall’art. 130 e seguenti del vigente Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.

Il ricorso al giudice del lavoro potrà essere esperito entro il termine di prescrizione ordinario di 10 anni (Si veda la Sentenza n. 365/14 del Tribunale di Potenza – Sezione Civile – Giudice del Lavoro).

CONTROLLI DELLE DICHIARAZIONI PRESENTATE
In occasione della stipula del primo rapporto di lavoro per gli aspiranti nel periodo di vigenza delle graduatorie, sono effettuati i relativi controlli delle dichiarazioni presentate. I controlli  sono effettuati dall’istituzione scolastica che gestisce la domanda dell’aspirante, anche se richiesti da altre scuole interessate, e devono riguardare il complesso delle situazioni dichiarate dall’aspirante, per tutte le graduatorie richieste in cui è risultato incluso.

In caso di convalida positivail dirigente scolastico che gestisce la domanda dell’aspirante comunica all’interessato e alle altre istituzioni scolastiche richieste dall’aspirante con la presentazione del modello B, l’avvenuta verifica e convalida dei dati contenuti nella domanda.

In caso di mancata convalida dei dati, il dirigente scolastico provvede alle conseguenti determinazioni, sia ai fini dell’eventuale responsabilità penale, sia ai fini delle esclusione dalla graduatoria (nel caso in cui il candidato non sia in possesso del titolo di accesso), ovvero ai fini della rideterminazione dei punteggi e posizioni assegnati al candidato nelle graduatorie di circolo e di istituto, dandone conseguente comunicazione al Sistema Informativo per i necessari adeguamenti.

ESCLUSIONE DEI CANDIDATI
Nella formazione delle graduatorie di istituto, così come dispone l’art. 3 comma 3 del DM 374/2010:

Tutti i candidati sono ammessi nelle graduatorie con riserva di accertamento del possesso dei requisiti di ammissione. L’Amministrazione può disporre, con provvedimento motivato, l’esclusione dei candidati non in possesso di uno dei citati requisiti di ammissione, in qualsiasi momento della procedura”.

Quindi in qualsiasi momento l’amministrazione può disporre l’esclusione dei candidati che non siano in possesso di uno dei requisiti di ammissione (es. il titolo di studio richiesto).
L’art. 9 comma 2 del DM 374/2010 prevede che:

Il candidato che non è in possesso del relativo titolo di accesso […] è escluso dalle graduatorie.

E ancora, secondo l’art. 9 comma 4:

Sono altresì esclusi dalla graduatoria, per tutto il periodo della loro vigenza gli aspiranti di cui siano state accertate, nella compilazione del modulo di domanda, dichiarazioni non corrispondenti a verità.

Quindi i candidati che abbiano presentato dichiarazioni false, non veritiere, sono esclusi dalle graduatorie per tutto il periodo di loro vigenza (triennale).

POTERE DI AUTOTUTELA DELL’AMMINISTRAZIONE
Maggiori problemi si pongono quando la discordanza tra quanto attribuito in graduatoria e quanto risulta dal controllo emerga, una volta che sia stata pubblicata la graduatoria definitiva, a seguito della stipulazione del contratto di lavoro, magari quando il docente ha prestato servizio per diversi mesi, in taluni casi anni.

La circostanza che le graduatorie per il conferimento di supplenze acquistano il carattere della definitività una volta decorso il termine per provvedere sui reclami proposti avverso graduatorie provvisorie, non implica affatto che esse acquistino il carattere della irretrattabilità e non ammettano in base ai principi generali l’esercizio del potere di autotutela. L’amministrazione scolastica può quindi in qualsiasi momento esercitare il potere di autotutela, provvedendo alla rettifica del punteggio o all’esclusione dal candidato dalla graduatoria.

Sulla conferma dell’applicabilità dell’autotutela si riportano alcuni passaggi della sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, sent. n. 622/2008.

Il potere esercitato da parte dell’Amministrazione scolastica come forma di autotuteladeve ritenersi egualmente legittimo, in quanto svolto alla stregua della premessa di fatto relativa ad un servizio espletato dall’interessato senza il possesso dei necessari requisiti, ove l’interesse pubblico al ripristino della legalità va valutato, come evidenziato dalla Amministrazione appellata, in relazione anche alla tutela degli altri aspiranti alla utile posizione in graduatoria, pregiudicati dall’inserimento di soggetti privi dei necessari requisiti“.

Nel caso in cui l’errore abbia avuto ad oggetto un requisito di ammissione in graduatoria l’esercizio del potere di autotutela dell’Amministrazione deve ritenersi privo di margini di discrezionalità in quanto l’interesse pubblico, rappresentato dall’interesse al ripristino della legalità violata dalla illegittima presenza in graduatoria, è nella stessa natura delle cose.

Quando invece abbia avuto ad oggetto il calcolo del punteggio in graduatoria il potere dell’Amministrazione dovrà seguire i criteri di cui all’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, norma che stabilisce il potere dell’Amministrazione di annullare d’ufficio il proprio provvedimento illegittimo:

  • Sussistendone le ragioni di interesse pubblico.
  • Entro un termine ragionevole.
  • Tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei contro interessati (es: il diritto alla continuità didattica degli alunni).

In questi casi sarà pertanto necessaria una ponderazione dell’interesse pubblico all’annullamento del provvedimento. Tale ponderazione dovrà tenere conto della gravità dell’errore, ovvero della misura del punteggio da rettificare, del fattore tempo, ovvero del momento in cui emerge l’errore che ha determinato l’attribuzione della supplenza e del diritto all’istruzione degli studenti, ovvero del loro interesse alla continuità didattica.

DICHIARAZIONE NON VERITIERA DELL’ASPIRANTE SUPPLENTE
Nel caso in cui a seguito di controlli effettuati dall’amministrazione scolastica emerga una qualche dichiarazione mendace del candidato, occorre:

  • Dichiarare la decadenza del candidato dalla graduatoria e ciò sia nel caso in cui tale dichiarazione riguardino un requisito per l’ammissione comma 2 e 4 dell’art 9 del DM 374/2017 (ad esempio età, titolo di studio, cittadinanza, godimento di diritti civili e politici).
    Preliminarmente dovrà essere comunicato al docente l’avvio del procedimento di esclusione ai sensi dell’art. 7 e dell’art. 8 della legge 241/1990. L’esclusione risulta essere confermata dall’orientamento giurisprudenziale in materia, si veda ad esempio Consiglio di Stato, sez. VI, 21/01/2015 n. 221, secondo la quale “l’Amministrazione ha operato correttamente e non in maniera contraddittoria poiché ha deciso di escludere l’attuale appellante dagli elenchi provinciali per il conferimento delle supplenze e dalla graduatoria, ex art. 554 del D.Lgs. n. 297/94 per mancanza dei requisiti richiesti, accertata obiettivamente, mancanza che ha prodotto pure la decadenza dei benefici conseguiti in base alla dichiarazione risultata non veritiera ai sensi dell’articolo 75 del D.P.R. n. 445/2000”.
    In relazione all’irrilevanza dell’elemento soggettivo nel caso di decadenza per assenza dei requisiti di ammissione si riporta la sentenza, in sede civile, n. 8124 del 18 luglio 2014, che ha respinto il ricorso del docente ricorrente con condanna al pagamento delle spese processuali. In base all’art. 75 D.P.R. n. 445/00 la non veridicità della dichiarazione sostitutiva presentata comporta la decadenza dai benefici eventualmente conseguiti, non lasciando tale disposizione alcun margine di discrezionalità alle Amministrazioni che si avvedano della non veridicità delle dichiarazioni. Inoltre, l’art. 75, comma 11 D.P.R. n. 445/00 prescinde, per la sua applicazione, dalla condizione soggettiva del dichiarante, attestandosi sul dato oggettivo della non veridicità, rispetto al quale sono irrilevanti il complesso delle giustificazioni addotte dal dichiarante (in tal senso anche il Consiglio di stato, sent. n. 2447 del 27-04-2012).
    Occorre inoltre considerare che la disposizione di cui all’art. 75 cit. non richiede alcuna valutazione circa il dolo o la grave colpa del dichiarante, poiché, se così fosse, verrebbe meno la ratio della disciplina che è volta a semplificare l’azione amministrativa, facendo leva sul principio di auto responsabilità del dichiarante.
    I
    l corollario che deve trarsi da tale constatazione è che la non veridicità di quanto auto dichiarato rileva sotto un profilo oggettivo e conduce alla decadenza dei benefici ottenuti con l’auto-dichiarazione non veritiera, indipendentemente da ogni indagine dell’Amministrazione sull’elemento soggettivo del dichiarante, perché non vi sono particolari risvolti sanzionatori in giuoco, ma solo le necessità di spedita esecuzione della legge sottese al sistema della semplificazione, (v. sent, Consiglio di stato cit.). Inoltre, l’Amministrazione ha l’obbligo di svolgere verifiche sulla veridicità delle circostanze oggetto di dichiarazione ex art. 46 cit., ogni qual volta abbia dei “fondati dubbi” sull’autenticità di queste, nonché l’obbligo di prendere i provvedimenti consequenziali, come la sospensione o la decadenza dai benefici conseguiti in base alle predette dichiarazioni di cui sia stata accertata la non veridicità (v. ad es. Consiglio di stato sent. n. 1385 del 15-03-2006, o Cass. n. 19364 del 22-09-2011, in materia di aggiudicazione di gare d’appalto). Alla luce di tali considerazioni non possono ritenersi fondate le censure mosse all’operato dell’Amministrazione scolastica che, in applicazione dell’art. 75 D.P.R. cit. hanno provveduto a escludere i punteggi anzidetti dal punteggio complessivo a titolo di decadenza dai benefici conseguiti per effetto delle dichiarazioni di circostanze non veritiere prodotte dalla ricorrente. A tal proposito non può svolgere alcun rilievo la buona o cattiva fede dell’interessato e, di conseguenza, nemmeno l’avvenuta archiviazione, per insussistenza del dolo, del procedimento penale aperto nei confronti della ricorrente per i medesimi fatti oggetto del presente giudizio. Alla luce di tali considerazioni le domande presentate dal ricorrente nei giudizi anzidetti e successivamente riuniti devono essere tutte rigettate.
  • Risolvere il contratto di lavoro stipulato.
  • Dichiarare non valido ai fini giuridici il servizio prestato. Infatti, la previsione di cui all’art. 2126 c.c. secondo cui “la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione” tutela il contenuto economico e previdenziale del rapporto di fatto, mentre non attribuisce rilevanza giuridica al suo svolgimento. Sulla permanenza degli effetti economici e la non validità degli effetti giuridici si sono avute diverse pronunce della Suprema Corte. La Corte di Cassazione. civ. n. 1639/2012 ha ribadito che il rapporto di lavoro subordinato instaurato da un ente pubblico non economico per i suoi fini istituzionali, affetto da nullità perché non assistito da regolare atto di nomina o addirittura vietato da norma imperativa, rientra nella sfera di applicazione dell’art. 2126 c.c., con conseguente diritto del lavoratore al trattamento retributivo e alla contribuzione previdenziale per il tempo in cui il rapporto stesso ha avuto materiale esecuzione. Anche la precedente pronuncia della Corte di Cassazione, civ. n. 11559/2011 si era già collocata nel solco di tale orientamento.
  • Segnalare tempestivamente alla Procura della Repubblica ai fini della valutazione del dolo e l’accertamento della falsità della dichiarazione non veritiera, falsità che costituisce una fattispecie penalmente rilevante ai sensi dell’art. 76 D.P.R. n. 445/2000. (Sulla valutazione del dolo si veda Cass. Pen., sentenza 23 agosto 2012, n. 33218, che si collega a precedenti orientamenti della stessa Corte – Cass. Pen., sez. V, 12 luglio 2011, n. 32856 e Cass. Pen., sez. V, 12 maggio 2011, n. 24917). La falsa dichiarazione si distingue dalla dichiarazione non veritiera per la presenza dell’elemento psicologico del dolo, ovvero della consapevolezza da parte dell’autore della dichiarazione di attestare un fatto non corrispondente al vero.
    Il dolo, tuttavia, non può essere oggetto di accertamento da parte dell’Amministrazione scolastica ma solo dell’Autorità giudiziaria: di qui il dovere dell’Amministrazione di segnalare la dichiarazione non veritiera alla Procura della Repubblica perché essa valuti la possibilità di configurare quella determinata dichiarazione non veritiera come una dichiarazione falsa e, pertanto, configurante una fattispecie penalmente rilevante.

ERRORE COMMESSO DALL’AMMINISTRAZIONE SCOLASTICA
In tale ipotesi l’Amministrazione, avvalendosi dei propri poteri di autotutela, provvede a:

  • dichiarare la decadenza del candidato dalla graduatoria ai sensi dei commi 2 e 4 dell’art 9 del DM 374/2017 qualora l’errore dell’Amministrazione scolastica abbia avuto ad oggetto la sussistenza di un requisito di ammissione;
  • rettificare il punteggio in graduatoria e della relativa posizionenel caso in cui l’errore non riguardi un requisito di ammissione ma solamente la valutazione dei titoli e quindi il relativo punteggio;
  • dichiarare risolto il contratto stipulato con il supplente, qualora sulla base della graduatoria rettificata, esso non risulti più l’avente diritto al conferimento della supplenza. 

RISARCIMENTO DEL DANNO PER IL CANDIDATO INGIUSTAMENTE ESCLUSO A CAUSA DELL’ERRORE COMMESSO DALL’AMMINISTRAZIONE SCOLASTICA
Se l’amministrazione sbaglia nel disporre le assunzioni, i concorrenti che rimangono ingiustamente esclusi hanno diritto al risarcimento dei danni. Posto che è onere del ricorrente dimostrare che il diverso punteggio in graduatoria, nel confronto con il punteggio degli altri concorrenti, gli avrebbe conferito il diritto di essere assunto, il diritto al risarcimento del danni spetta sia ai docenti di ruolo, la cui immissione sia stata ritardata per colpa dell’amministrazione, sia agli aspiranti supplenti non assunti per errori dell’amministrazione nella compilazione della relativa graduatoria.

Tuttavia, alle ritardate assunzioni non può applicarsi il principio della retrodatazione economica del conferimento dell’incarico. La sola reintegrazione ammissibile è la retrodatazione degli effetti giuridici dell’assunzione al momento in cui questa avrebbe dovuto avere luogo. La retrodatazione economica comporterebbe il conferimento di una retribuzione per prestazioni mai effettuate e, quindi, la violazione del principio di corrispondenza tra esercizio dell’attività lavorativa e retribuzione.
La determinazione del danno risarcibile è oggetto di due differenti orientamenti giurisprudenziali: 

  • la Corte di Cassazione inquadra la responsabilità della Pubblica Amministrazione per la mancata o ritardata assunzione nella categoria della responsabilità precontrattuale. Pertanto, le pretese risarcitorie non possono avere ad oggetto la mancata percezione delle retribuzioni in ipotesi di tempestiva assunzione, ma il solo ambito dell’interesse negativo, ovvero le possibili spese inutilmente sostenute nel corso delle trattative in vista della conclusione del contratto, oppure gli esborsi effettuati per intraprendere altre attività lavorative transitorie, poi abbandonate all’atto dell’assunzione da parte della P.A., ed ancora la perdita di ulteriori occasioni per la stipulazione di altri contratti maggiormente vantaggiosi (la cosiddetta “perdita di chance”).
  • Il Consiglio di Stato, invece, stabilisce che l’istante non sia tenuto a dar prova del danno subito, essendo lo stesso nella natura delle cose, e lo commisura, in via equitativa, per il docente di ruolo, alle retribuzioni che sarebbero maturate nel caso di tempestiva assunzione detraendo le somme percepite a titolo di retribuzione per le eventuali supplenze effettuate nel periodo in cui il ricorrente avrebbe dovuto essere già in costanza di rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Per i supplenti, invece, la giurisprudenza del Consiglio di Stato determina il danno risarcibile nel 50% delle retribuzioni non percepite dall’interessato, detraendo le somme eventualmente fruite dal ricorrente per attività altrimenti svolte dal ricorrente.

RISARCIMENTO DEL DANNO DEL CANDIDATO ILLEGITTIMAMENTE ASSUNTO
Il candidato illegittimamente assunto il cui contratto di lavoro sia stato risolto dall’Amministrazione può richiedere il risarcimento dei danni qualora l’errore sia stato opera dall’Amministrazione scolastica.
Il giudice per accertare la responsabilità extracontrattuale della Pubblica Amministrazione ex art. 2043 c.c. deve:

  • accertare la sussistenza di un evento dannoso;
  • stabilire se tale danno sia ingiusto, ovvero incidente su un diritto soggettivo (assoluto o relativo), su un interesse legittimo o su un interesse giuridicamente rilevante;
  • accertare sotto il profilo causale se l’evento dannoso sia riferibile ad una condotta (positiva od omissiva) della P.A.;
  • stabilire se l’evento dannoso sia imputabile a dolo o colpa della P.A., non trovando al riguardo applicazione il principio secondo cui la colpa della struttura pubblica dovrebbe considerarsi sussistente in re ipsa in caso di esercizio non conforme a legge di poteri pubblici.

Naturalmente, trattandosi di responsabilità extracontrattuale, l’onere della prova circa la sussistenza di tutti questi elementi grava sul ricorrente. Questo dovrà infatti dimostrare l’esistenza di un danno ingiusto, che questo sia imputabile a una condotta, positiva o omissiva (es. mancati controlli) dell’amministrazione scolastica e dimostrare che vi sia stato un comportamento doloso (commesso con deliberata e precisa volontà di nuocere) o colposo (dovuto a mancanza di negligenza, imprudenza e imperizia) nella condotta dell’istituzione scolastica.

Nota 3224 del 13/11/2018 USP Lucca
Nota 18517 del 08/11/2018 USP Milano

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