Il fenomeno del sovraffollamento delle classi o delle cosiddette «classi pollaio» è una delle grandi emergenze della scuola pubblica italiana. All’avvio di ogni anno scolastico puntualmente si ripropongono assurde situazioni di disagio, con oltre trenta alunni stipati in ambienti troppo piccoli e non a norma, all’interno di edifici fatiscenti e spesso privi delle necessarie certificazioni di agibilità. I genitori e gli studenti denunciano gli episodi, gli organi di informazione dedicano ampio spazio all’emergenza del sovraffollamento e puntualmente i rappresentanti delle istituzioni dichiarano di volersi impegnare per risolvere il problema. Poi, purtroppo, l’emergenza viene dimenticata e i casi di classi sovraffollate si ripresentano a settembre.
IL DECRETO LEGGE N. 112 DEL 2008
A generare tutto questo è una norma del 2008 a firma di Giulio Tremonti, allora Ministro dell’economia e delle finanze: si tratta dell’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008. La disposizione ha incrementato di un punto, nel triennio 2009-2011, il rapporto alunni/docente per classe (dall’8,94 del 2008 al 9,94 del 2012). Precisamente, la norma ha previsto l’adozione, a decorrere dall’anno scolastico 2009/2010 una fantomatica «migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione professionale del personale docente», di «interventi e misure volti ad incrementare, gradualmente, di un punto il rapporto alunni/docente, da realizzare comunque entro l’anno scolastico 2011/2012, per un accostamento di tale rapporto ai relativi standard europei tenendo anche conto delle necessità relative agli alunni diversamente abili». Per raggiungere questo obiettivo il piano triennale degli allora Ministri Gelmini e Tremonti ha comportato il licenziamento di ben 86.931 docenti, garantendo un risparmio di oltre 2 miliardi di euro.
Oltre ad aver avuto un impatto devastante sotto il profilo occupazionale, il drastico taglio delle cattedre a fronte di un numero di alunni iscritti stabile o addirittura in crescita ha comportato l’inevitabile aumento del numero degli studenti per classe, fino al verificarsi di episodi assurdi in cui si è appunto arrivati ad avere addirittura 40 studenti stipati nella stessa aula, in deroga a ogni norma di sicurezza.
L’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha poi necessitato di appositi atti normativi che lo rendessero concretamente operativo. Ed ecco che a tradurre in legge le drammatiche e inevitabili conseguenze del piano di razionalizzazione è stato il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, che nelle sue premesse cita appunto l’articolo 64.
Si è cominciato con le sezioni della scuola dell’infanzia, innalzando da 25 a 26 il numero massimo di alunni per classe. Per le sezioni della scuola primaria, il numero minimo di alunni stabilito dal citato decreto del 1998 era fissato a 10 e il numero massimo a 25. Con il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 si è passati a un minimo di 15 e a un massimo di 27. Quanto alla scuola secondaria di primo grado, si è passati da un minimo di 15 e un massimo di 25 a un minimo di 18 e a un massimo di 28.
Ma il caso più eclatante riguarda le scuole secondarie di secondo grado, in cui è attualmente possibile comporre classi di 33 alunni. Se si tiene conto della possibilità di derogare fino al 10 per cento al numero massimo degli alunni per classe, prevista dall’articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, è facile comprendere come ad oggi sia legittimo e pienamente conforme alla legge comporre sezioni con ben 36 alunni.
In fase di redazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, il legislatore non ha poi tenuto conto di una serie di disposizioni normative tuttora vigenti e pienamente efficaci: ci riferiamo innanzitutto alla norma di cui al decreto del Ministro dell’interno 26 agosto 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 16 settembre 1992, sulla prevenzione degli incendi, che individuava il parametro di 26 persone per aula al fine di determinare il «massimo affollamento» ipotizzabile sui piani e complessivamente nell’edificio scolastico, in un’ottica di conformazione, in caso di emergenza, delle vie d’esodo per la messa in sicurezza del personale.
In secondo luogo, l’articolo 5 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, recante norme per l’edilizia scolastica, dispone, al comma 3, che, fino all’approvazione di norme tecniche regionali, possano essere assunti quali indici di riferimento circa il numero di alunni per classe quelli contenuti nelle norme tecniche di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 18 dicembre 1975, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 2 febbraio 1976. Secondo tali norme, per poter essere sicuro ogni alunno deve godere di uno spazio minimo di 1,80 metri quadri nella scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, e di 1,96 metri quadri nella scuola secondaria di secondo grado. Il superamento di questi limiti mette chiaramente a repentaglio la sicurezza degli studenti. Ridurre il numero massimo di alunni per classe è dunque, in primis, una questione di sicurezza, di incolumità fisica, di igiene e di vivibilità. Ed è questo, in primis, il motivo che ha spinto a presentare questa proposta di legge, volta a rivedere il rapporto alunni/docente per classe.
Ma c’è un altro innegabile vantaggio: rivedere il rapporto alunni/docente inciderebbe molto positivamente sulla qualità della didattica poiché avere meno studenti da seguire permetterebbe al docente di dedicarsi individualmente con maggiori attenzione e solerzia ai suoi allievi. Oltre a pregiudicare la formazione degli alunni, il fenomeno delle classi pollaio non consente infatti la piena integrazione dei ragazzi disabili.
OBIETTIVI DELLA PROPOSTA DI LEGGE
Alla luce di tutti questi motivi, la presente proposta di legge interviene innanzitutto sull’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, la norma madre che ha generato i casi di sovraffollamento, proponendo un piano triennale realmente finalizzato alla «migliore qualificazione dei servizi scolastici e a una piena valorizzazione del personale docente» e che prevede interventi e misure volti, nel triennio 2019-2021, a diminuire di un punto il rapporto alunni/docente. In questo modo, di fatto, si eliminerebbero gli effetti nefasti prodotti dal piano di razionalizzazione e si ritornerebbe alla situazione pre-piano dei Ministri Tremonti e Gelmini, ripristinando gli oltre 86.000 posti di lavoro tagliati e consentendo così di superare quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009.
In secondo luogo, la presente proposta di legge reca interventi mirati proprio sul decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, prevedendo un abbassamento del numero massimo degli alunni per classe nelle scuole di ogni ordine e grado, fissato inderogabilmente a 22, intervenendo in maniera ancora più incisiva rispetto al blando tentativo presente nella cosiddetta legge «Buona scuola», la legge 13 luglio 2015, n. 107, in cui al comma 84 dell’articolo 1 si afferma che «Il dirigente scolastico, nell’ambito dell’organico dell’autonomia assegnato e delle risorse, anche logistiche, disponibili, riduce il numero di alunni e di studenti per classe rispetto a quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, allo scopo di migliorare la qualità didattica anche in rapporto alle esigenze formative degli alunni con disabilità». A supporto della presente proposta di legge, oltre al buon senso e alla volontà di difendere la sicurezza degli alunni e la qualità della didattica, giova infine segnalare le pronunce del tribunale amministrativo regionale (TAR) Molise, che già nel 2012 con le sentenze nn. 144 e 145 hanno annullato alcuni provvedimenti di accorpamento di più classi composte da pochi alunni finalizzati a costituirne un minor numero ma con moltissimi studenti. Le norme richiamate dai giudici e poste a fondamento delle decisioni del TAR sono particolarmente interessanti e tra queste si ricordano le citate norme di cui ai decreti ministeriali 18 dicembre 1975 e 26 agosto 1992. Ma soprattutto è significativo che, a seguito del tentativo da parte delle amministrazioni scolastiche regionali di eccepire che tali norme fossero in realtà state automaticamente abrogate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, il TAR abbia chiaramente affermato che le norme contenute in un decreto del Presidente della Repubblica sono a carattere generale, mentre quelle contenute in un decreto ministeriale sono speciali e dunque, per legge, non possono essere abrogate da norme generali poiché riguardano specificamente la « tutela al diritto alla sicurezza e alla salute».
Nello specifico, la sentenza n. 145 del 2012 ha accolto il ricorso, affermando che «La difesa erariale eccepisce in via preliminare la sopravvenuta abrogazione implicita per incompatibilità del decreto ministeriale 18 dicembre 1975 ad opera del successivo decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 nella parte in cui innova la disciplina dei criteri numerici di composizione delle classi: in senso contrario deve osservarsi, in applicazione dei canoni generali che regolano la successione delle norme nel tempo, che la norma generale successiva non può abrogare quella speciale anteriore qual è nel caso di specie la tabella 9 allegata al decreto ministeriale 18 dicembre 1975 disciplinante i requisiti minimi di igiene delle aule scolastiche, anche perché la prima dà attuazione al canone del buon andamento della funzione organizzativa del servizio, la seconda tutela il diritto fondamentale alla salute sicché ogni atto organizzativo deve necessariamente essere adottato nel rispetto della normativa speciale in materia di igiene e sanità che opera quale requisito di validità dell’atto».
LA PROPOSTA DI LEGGE
La proposta di legge, presentata il 5 luglio 2018 a firma degli On. Azzolina, Nitti e altri, mira a una migliore qualificazione dei servizi scolastici e a una piena valorizzazione professionale del personale docente attraverso misure volte a diminuire gradualmente di un punto il rapporto alunni/docenti a decorrere dall’anno scolastico 2019/2020.
La misura mira inoltre a imporre il divieto di costituire le classi iniziali delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado, comprese le sezioni della scuola dell’infanzia, con un numero di alunni superiore a 22, elevabile fino a 23 qualora residuino resti ridotti a 20 alunni nel caso accolgano alunni con disabilità.
Nel caso della scuola secondaria di secondo grado, si prevede l’obbligo di formare le classi iniziali con un numero di alunni, di norma, non inferiore a 20 (eventualmente anche articolate in gruppi di diversi indirizzi di studio).
É opportuno precisare come, in merito alla presenza di alunni disabili anche l’attuale normativa prevede, di norma, un tetto di 20 alunni ma l’espressione “di norma” farebbe pensare, non a una norma imperativa e inderogabile ma a una regola generale che nel concreto è suscettibile di eccezioni. La nuova disciplina mirerebbe quindi ad escludere qualsiasi deroga a tale tetto.